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Vendemmie ardimentose, anche quest’anno

Vendemmie sì, al plurale, perché il meteo è stato così birbante quest’anno da costringerci a frazionare quella che sarebbe stata un’unica vendemmia in varie mini-vendemmie, tra un acquazzone ed un rovescio successivo, aspettando il ritorno del sole, e pregando che concedesse almeno due giorni, uno per asciugare, l’altro per raccogliere.

Eroica? Qualcuno la viticoltura fatta tutta a mano, senza meccanizzazione, su questi impervi terrazzamenti la chiama “eroica”. Forse non sarà eroica, certamente ardimentosa lo è. Ed in particolare durante la vendemmia, su e giù per i terrazzamenti, con la portantina sulle spalle, una cassa alla volta.

E’ così. Ma la qualità è ciò che conta, e la qualità, nel rispetto dell’ambiente, c’è eccome!

 

 

Piccole grandi visite in vigna

Se mentre stai lavorando ti imbatti in questa creatura, che si ciberà sì di un pochino di foglia, ma senza arrecare troppi danni, ma piuttosto combatterà per te le temibili cocciniglie, effettuando con te la lotta biologica ed evitando di introdurre dannosa chimica in campo, ti ricorderà che hai degli alleati naturali su cui puoi fare affidamento e che sei sulla traiettoria giusta, quella del rispetto ambientale.

Avanguardie biologiche in invaiatura

Procede l’invaiatura dei “grappoli-test” delle avanguardie biologiche (per i non addetti ai lavori l’invaiatura è la fase di colorazione degli acini).

Un anno di crescita delle viti a conduzione biologica, un anno finalizzato al radicamento della pianta e all’osservazione del comportamento vegetativo e fitosanitario, le avversità, purtroppo, non sono solo la fauna selvatica e la grandine.

Maledetta grandine

Per rendere l’idea della violenza con cui si è abbattuta la grandine, prima ancora di dare uno sguardo alle piante, con tutta la loro fragilità, specie quelle del primo anno, è sufficiente osservare il cofano dell’auto: lamiera completamente bollata, pane per il carrozziere…

Ecco, ora guardando alle piante, le foto sono eloquenti. Fosse stato non un anno di allevamento ma già di produzione si sarebbe perso verosimilmente tra il 50% ed il 75% del vendemmiabile.

C’è solo una strada, purtroppo, laboriosa per l’applicazione e poi nella gestione, quella delle reti antigrandine. Punto.

P.S. poi chiedetevi quanto costa produrre vino, intendendo di qualità ovviamente, argomento che riprenderemo più avanti.

Folle estate, sbalzi di 20 gradi: “ho fatto bene a farmi tosare?”

La domanda di Argo, il nostro Ariete-alpha, è più che lecita, con temperature che sono arrivate a 34° ma poi scese in mezza giornata a 12°, quindi su a 37° e nuovamente giù a 18° nel giro di un giorno.

Sarà che il tempo metereologico è uno degli argomenti che più occupa gli umani dalla loro comparsa sulla Terra, sarà che come una rondine non fa primavera qualcuno potrebbe arrivare a sostenere che un anno non fa statistica e mettere persino in discussione il cambiamento climatico, che invece c’è, ed è dimostrato scientificamente.

Sta di fatto che, al di là dell’aver per gioco messo in bocca ad Argo tale dubbio amletico, che tanto da razza rustica quale è la Ouessant cui fa parte lui ed il resto del gregge sono pecore in grado di affrontare situazioni anche più estreme, la questione invece dell’impatto sulle colture è davvero un serio problema: sui nuovi impianti di vite abbiamo subito prima un’aggressione di malattie fungine senza precedenti, poi ad improvvise scottature delle piante.

Una primavera-estate davvero balorda.

Però, dite la verità, non sono davvero bello ed legante?

Il risveglio della forza

Per una piccola pianta, nel caso di vite una barbatella, ci sono diverse prove da superare per la sopravvivenza e per la crescita: la primavera della messa a dimora in campo, con l’indispensabile buon sviluppo delle radici, l’estate seguente, tra rischio siccità e grandinate, quindi l’autunno nella capacità di metter via le riserve per l’inverno, quindi il successivo intervento umano del vignaiolo, delicatissimo il primo anno, quello della prima potatura invernale.

Quindi l’attesa del nuovo germogliamento, nella consapevolezza che qualcuna non ripartirà, non ce l’avrà fatta, quindi la sorpresa e la gioia per il risveglio della forza!

Metro per metro, palo per palo, di vite in vite

Finalmente anche le barbatelle del secondo lotto del progetto vigneto-bio hanno trovato dimora ma, in queste terre, su questi terrazzamenti strappati ai rovi e ritornati a coltivo con estrema fatica, la terra si è dovuta sostanzialmente lavorare tutta a mano per preparare il terreno, di vanga, di rastrello, coadiuvati solo da un piccolo motocoltivatore col quale si riesce a passare negli impervi spazi di accesso ai terrazzamenti , ma poi si tratta di piantare a mano tutti i pali, uno ad uno, creando lo spazio nel terreno col mitico “palferro”.

 

Insomma, febbraio, marzo ed aprile sono alle spalle, e con essi anche tutta la fatica. Ma ecco che l’amaca tra i due tigli permette un pò di ristoro…

E poi mettere a dimora una giovane vite, una barbatella, è come adagiare tra le braccia di una madre la propria bimba appena nata. Madre Terra.

Barba e capelli

Quando alla vigna si fanno “barba e capelli” con la potatura invernale, e nel frattempo in cantina, con progressivi assaggi, si tiene sotto controllo il vino in maturazione per capire come sta procedendo.

Mesi freddi, riposo vegetativo delle piante, ma riposo zero per i viticoltori, è infatti il periodo per la potatura secca ma anche il momento per sistemare l’infrastruttura della vigna: riparazione o sostituzione di pali e di fili, predisposizione a colmare le fallanze con nuove barbatelle, manutenzione delle attrezzature per non farsi trovare impreparati al “risveglio della forza” 🙂 eccetera eccetera.

Insomma, non ci si ferma mai!

Inverno, tempo di riflessioni: la terra, il suolo ed il suo consumo

Oltre a portare avanti tanti lavori, di preparazione dei terreni, di potatura, di pulizia del bosco, di sistemazione dei muri a secco, di manutenzione ed allestimento di nuovi impianti, e di molto altro, l’inverno è un periodo che risulta particolarmente propizio per fare riflessioni, per esempio su quel bene prezioso che è la terra, e quel suo sottilissimo, delicatissimo e preziosissimo strato, perché fecondo, che è il suolo.

Terra.
Terra inquinata dalla chimica, terra stuprata dal cemento, terra occupata da devastanti ed impoverenti coltivazioni intensive, terra rubata dal famelico land grabbing, terra abbandonata all’erosione dei deserti o all’occupazione da parte dei boschi.
Terra.

Ogni giorno dovrebbe essere la celebrazione della terra, e tra le “riflessioni invernali” voglio condividerne una, che faccia da premessa per la lettura, per chi ne abbia voglia, di questo documento ‘Suolo Bene Comune –
dalla convenzione europea del paesaggio al governo sostenibile del territorio’, ovvero il pensiero dell’amico Angelo Sofo espresso nel suo post, in occasione della ‘Giornata mondiale del suolo’:
“Sì, proprio il suolo, questo suolo sul quale noi camminiamo, sul quale muoviamo ogni giorno le nostre vite. Il suolo, la buccia che ricopre di vita la crosta del globo, è come una fragilissima corteccia che si assottiglia sempre più. Il suolo che è sempre più minacciato da desertificazione, cementificazione, avvelenamento, inaridimento, sterilizzazione a ritmi sempre più rapidi e con effetti sempre più micidiali sul pianeta.”

In Italia a livello parlamentare e governativo da tempo si discute di un disegno di legge sul consumo di suolo, nei giorni scorsi c’è stata l’audizione della Rete delle Professioni Tecniche che aveva trasmesso alle Commissioni Territorio-Ambiente e Agricoltura del Senato la memoria ufficiale relativa all’audizione sul tema del disegno di legge sul consumo del suolo.

Intanto il tempo passa, e in Italia il consumo di suolo ha continuato a crescere tanto che “nell’ultimo anno le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 54 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, circa 15 ettari al giorno” come drammaticamente racconta l’ultimo Rapporto sul consumo di suolo in Italia realizzato dall’ISPRA e dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente.

 

Finalmente vendemmia!

Dopo tante disavventure, tribolazioni, amarezze che ci ha riservato l’anno nel coltivare la vigna storica della Bissa, a Teglio, Valtellina, ecco che perlomeno l’uva rimasta dopo i danneggiamenti da parte di grandine e uomini è ottima, e come si suol dire “poca, ma ottima!”. E di fatica sui terrazzamenti della Bissa anche in questo ultimo sforzo stagionale con la vendemmia , dove ogni lavorazione è fatta a mano, zero meccanizzazione, ne è stata fatta tanta.

Si pensi al trasporto delle ceste, una volta riempite di grappoli, effettuato su portantine che consentono di caricarne sulle spalle una o al massimo due per ogni viaggio, e con le quali si risalgono a piedi tutti i terrazzamenti, collegati da impervie scalette di pietra, sino in cima, dove le ceste saranno quindi caricate sul mezzo che le trasporta in cantina per la pigiatura dell’uva e l’inizio della vinificazione.

 

 

 

 

 

 

A gratifica, per chi ama la natura e la bellezza, restano gli impagabili paesaggi, quello della mattina salendo dalla valle, quello del tardo pomeriggio guardando verso la Torre di Teglio, e qualche simpatica visita quale quella di una bellissima farfalla posatasi sulle uve appena raccolte.

 

 

 

Da fatica sui terrazzamenti valtellinesi e soddisfazioni dalla vendemmia ne verrà anche un ottimo vino Nebbiolo delle Alpi? Per ora concentriamoci nel far bene la vinificazione naturale, lavoriamo bene in cantina e poi, come sempre, incrociamo le dita che non emergano altre difficoltà.